di Eleonora Matarrese - La Cuoca Selvatica
Finalmente giunge la primavera, e come sempre oltre ai boccioli e ai fiori ciò che la contraddistingue sono i germogli. Sono numerosi e li ritroviamo in tutti i boschi in Italia, e si prestano per preparare ottime frittate, ripieni di torte salate e panzerotti, risotti, pesto e altre golosità. I germogli però spesso sono di specie velenose e legate, anche per questo, ai racconti che caratterizzano le foreste e favole di magia.
Prendiamo la Smilax aspera, ad esempio: chiamata "stracciabraghe", in Salento è detta "uva dei serpenti", perché i suoi frutti, bacche rosse tossiche, nell’immaginario collettivo sono cibo per i serpenti, veleno con veleno. I suoi germogli lucidi e morbidi si attorcigliano come i viticci dell’uva, e quindi in dialetto prendono il dolce nome di vuttacedd, "viticelle".
Clematis vitalba, nota pianta tossica, usata anche dalle streghe, che i camminatori conoscono perché in inverno "racchiude" quasi altre piante, alberi e arbusti, in una nuvola "ovattosa": la chiamano, i contadini, la barba dell’uomo bianco, la barba del vecchio. Ma in primavera si riempie di germogli che con gli ultimi freddi assumono striature violacee, un po’ pelosetti: sono buonissimi nelle frittate.
E ancora il tamaro, Tamus communis, che i brianzoli chiamano familiarmente támm, che in autunno colora il bosco con bacche rossissime e pericolose, molto amate dagli uccelli, adesso ci dona dei piccoli germogli affusolati da cui spuntano piccolissime foglioline che diverranno a forma di cuore.
Naturalmente anche gli asparagi selvatici (Asparagus acutifolius e altri) la fanno da padrona, ma è sempre più difficile trovarli: e i suoi raccoglitori sono come i fungaioli, non ti diranno mai dove vanno a scovarli per sbianchirli e portarli in tavola declinati in mille prelibatezze selvatiche. Pochi sanno che la parola asparago, con cui tutti questi germogli vengono chiamati a livello popolare, deriva per il tramite del persiano dall’indoeuropeo *sp(h)er(e)g che significa proprio "germogliare".
Ancora, tra i "germogli" alcuni raccolgono la fitolacca, Phytolacca americana, che però è pianta pericolosa e quindi è meglio usare le sue bacche settembrine per tingere lana grezza, tessuti o per farne un meraviglioso inchiostro per scrittura, molto duraturo.
Nell’antica cultura nordica, in particolare nel Regno Unito settentrionale, la runa Haegl ᚻ era la runa dell’inconscio e dei processi formativi del pensiero. Era la runa alla radice delle cose, sia a livello mentale che fisico, ma anche a livello temporale. Così, era usata come un legame magico: esprimeva quei processi che devono avvenire affinché qualcosa si avveri, e per questo si riteneva simbolo di qualcosa che crea il caos. Era governata da quelle divinità che sono a guardia dei passaggi che collegano il mondo della coscienza umana con i mondi su altri piani, e usata in divinazione per l’accesso al mondo degli inferi e degli dei tramite lo sciamanesimo: suo simbolo tra le spontanee era Bryonia alba, che è una pianta mortale, chiamata anche “mandragora inglese” poiché la sua radice come la mandragora aveva un aspetto antropomorfo. Per secoli l’uomo ha raccolto anche i suoi giovani getti, consumandoli come gli altri.
E infine, come non ricordare i germogli di Humulus lupulus, il luppolo, favolosi in cucina, perché è proprio grazie a loro se i nostri avi hanno imparato a migliorare la ricetta della birra, rendendola più tonica, amara e con sfumature di gusto inaspettate, oltre che naturalmente più inebriante, visto che fa parte delle Cannabinaceae?
Scopri tutti i germogli nei boschi, con estrema cautela: vanno sempre cotti in acqua bollente prima del consumo e ovviamente raccolti solo se si è sicuri al 100% della loro identificazione. È un modo per entrare ancora più in connessione con la Natura, per non spezzare quel sottile e potente fil rouge che ci connette, inesorabilmente e meravigliosamente, con i nostri antenati.